Interflug

torstaina, marraskuuta 29, 2007




Facciamo finta che i Joy Division non mi piacciano, che non sappia chi è Corbijn e che non mi interessi minimamente di città dell'Inghilterra del Nord e di postpunk etc. etc. Facciamo finta, dicevo. Ecco, allora vado a vedere Control al cinema. Control è in bianco e nero e parla di un tipo che va a scuola e scrive poesie e si innamora della ragazza di un suo amico. Con la tipa vanno assieme a vedere Bowie, si innamorano e si sposano. Il tipo lavora al collocamento e comincia a suonare in un gruppo che si chiama Warsaw e che poi cambiano nome in Joy Division. Fanno qualche concerto, un tipo con gli occhiali diventa il loro manager, un tipo che ha un programma alla tele li fa suonare in studio e li ingaggia per la sua etichetta. Ha una figlia. La band comincia a suonare in giro, vanno a Londra e in tour in Europa e il tipo conosce una tipa che lavora all'ambasciata belga e si innamora di lei. Il tipo comincia anche a soffrire di epilessia, fuma beve e deve prendere le medicine. Ha una crisi con la moglie perché ha quest'altra tipa e la moglie se ne accorge. Il manager dice tutto contento che i Joy Division avranno un tour in America. Un giorno il tipo litiga ancora con la moglie, resta solo in casa, guarda un film di Herzog, ascolta un disco di Iggy, ha un attacco di epilessia e si impicca. Titoli di coda. Una storia abbastanza banale. Tutto succede così perché deve succedere e alla fine non si capisce bene perché il tipo si ammazza.

Mancano un po' di elementi per dire che Control è un film memorabile. Naturalmente il bianco e nero di Corbijn è fantastico, certe scene statiche sono eccellenti pose di fotografia, la musica suonata ricrea l'esperienza dal vivo in modo incredibilmente realistico, con il reverbero e i bassi che distorcono alla grande e i quattro ci danno dentro con foga. Gli attori hanno imparato a suonare per il film mi pare. L'ambientazione del film è molto minimale, molto mitteleuropea, non ci sono gli elementi stereotipati tipo 'kitchen sink meets little britain', tutto è molto sobrio, modernista e poco bitannico e questo è un ottimo merito del film. Non ci sono eccessi di orgoglio nordista, che ci sarebbero stati se il film fosse stato fatto da un regista mancuniano. L'attenzione per la storia è filologica, anche se c'è un errore nel mostrare il pubblico dei Sex Pistols alla Lesser Free Trade Hall che poga. Il pogo è arrivato qualche mese dopo grazie al Bromley Contingent e Sid Vicious. Al concerto dei Pistols i circa quaranta presenti erano seduti e abbastanza atterriti dalla spocchiosità londinese di Rotten. La colonna sonora ogni tanto lascia un po' perplessi. Ad esempio dopo che Ian dice a sua moglie che non l'ama più parte lovewilltearusapart, ce l'aspettavamo tutti, forse Corbijn poteva fare partire qualcos'altro. Sam Riley assomiglia molto a Ian Curtis sul palco, sembra che abbia lavorato molto al balletto spastico/nazi di Ian e al modo di cantare nel microfono etc. Fuori dal palco invece sembra una specie di Pete Doherty. La frase migliore del film è dopo il concerto di Derby. Dopo un attacco epilettico Ian si riprende e Rob Gretton gli fa qualcosa tipo 'Poteva andarti peggio. Guarda il cantante dei The Fall'.