Interflug

perjantaina, maaliskuuta 31, 2006


Hei ho,
Interflug è orgoglioso di annunciare ai lettori la registrazione di un EP, con pezzi vecchi e nuovi.
Il tutto sta avvenendo in uno scantinato di Alppila.
L'EP sará pubblicato dalla Kriton Music, che sono alcuni tipi che in quanto a felpecolcappuccio e geekismo, sono paragonabili agli amari (ma naturalmente piÙ biondi).
Per ora abbiamo finito la base strumentale di 'google'.
Ah, Kriton ha anche un blog, dove postano cose che, sì, sono 'lavitadituttiiggiorni', come ad esempio, vedere dalla finestra babbo natale, evidentemente intossicato, che tenta di entrare in un take-away cinese.

perjantaina, maaliskuuta 24, 2006



Le cassette migliori erano quelle da 90 minuti perché potevi registrarci sopra due LP. Su una cassetta da 90 minuti un amico mi aveva registrato i Franti: “Luna Nera” sul lato A ed “Il giardino delle 15 pietre” su quello B. Fino al momento in cui ho inserito la cassetta nello stereo e ho schiacciato play non avevo idea di come suonavano i Franti.

Le mie conoscenze dei Franti si basavano su un articolo di Daniela Amenta sul Mucchio Selvaggio, era un articolo lungo che ripercorreva la storia del gruppo dagli inizi fino alla pubblicazione di “Non classificato”, il cofanetto dove erano stati ristampati i loro 4 dischi. Dell’articolo ricordo parole come hard core folk, autogestione, umbertoeco, anarchia, tutte cose che fanno breccia nel cuore di un liceale come un coltello nel burro; ma soprattutto ricordo Franti, il cattivo del libro Cuore, quello che ride quando il maestro parla dei funerali del re. Io naturalmente non ero Franti. Ero stato educato ad essere Enrico Bottini, ogni tanto mi capitava di essere Derossi, ma mai Franti. Avevo ricevuto “Cuore” il giorno della mia prima comunione e l’avevo letto in fretta. Poi c’era stato lo sceneggiato, con Johnny Dorelli che faceva il maestro. Franti aveva i capelli più scuri di tutti. Franti affascinava me come affascinava Bottini: Franti era tutto quello che io e Bottini non potevamo o non dovevamo essere.

I Franti si rivelarono essere molto di più. Il nastro magnetico della cassetta si svolgeva, le casse erano invase dal fruscio, poi era partita “No future”, la prima canzone di Luna Nera. La sensazione che provavo ad ascoltare i Franti, era quella che avrei provato qualche anno dopo guardando Nick Cave and the Bad Seeds ne “Il cielo sopra Berlino” e qualche anno dopo ancora sedendomi nel “Klub der Republik” a P-Berg. E´ quella sensazione che si prova entrando in una fabbrica dismessa: tutto il sogno moderno della tecnica, i macchinari arrugginiti, di cui uno s’immagina il rumore, l’eco delle voci bisbigliate che parlano di uno sciopero imminente, lo scheletro di un capitalismo estinto. In “No future” Lalli canta delle “voci di un’Europa abbandonata” e del “vecchio cine spento da anni”. Torino stava soffocando, come centinaia altre città europee, sotto il peso della modernità: la disoccupazione, la periferia, gli scioperi, il terrore: no future, il nichilismo, era l’unica risposta. No future era quello che circa 6 anni prima i Sex Pistols cantavano alla fine di “anarchy in the uk” ed era diventato lo slogan del punk.

I Franti non facevano punk, i Franti erano un gruppo punk. I Franti suonavano canzoni e lo facevano in modo “artistico”, nel senso che dicevano cose che significavano altre cose, guardavano avanti. Allo stesso tempo però avevano qualcosa di familiare, di accessibile, non erano come un film di Rainer Werner Fassbinder o un romanzo di Thomas Bernhard, che a sedici anni avrei trovato sì “artistici”, ma contemporaneamente incomprensibili.

Nel 1993 le notizie sui gruppi indipendenti si diffondevano per passaparola, attraverso qualche trafiletto sulle riviste di musica alternativa, come il Mucchio Selvaggio o Rockerilla o sulle fanzines scritte a macchina e fotocopiate. Nel 1993, grazie ad uno di questi canali, ero riuscito a sapere che “Non classificato”, il cofanetto dei Franti, era stato ristampato su CD e l’avevo comprato per posta dalla Blubus di Aosta. Il cofanetto contiene due compact disc con “Luna Nera” 1983, “F/C” 1984 (Lato “C” con inediti dei Franti), “Il giardino delle quindici pietre” 1986, “Nel salto dell’ascia sul legno” 1987 ed un libretto enorme con tutti i loro scritti. I Franti non suonavano soltanto, scrivevano anche. I Franti erano multimediali, prima che questo aggettivo venisse distrutto dall’appiattimento del www. Leggendo il libretto scoprivi dove avevano registrato il disco, con quanti soldi, quanto era costato stamparlo e distribuirlo e leggevi i testi delle canzoni. Imparavi come farlo anche tu, da solo, un disco: questo era il punk. I Franti credevano che l’industria della cultura potesse essere sconfitta, nel momento in cui il singolo si appropriava delle tecniche di produzione e distribuzione.

I Franti mi hanno fatto conoscere Cesare Pavese, Samuel Beckett, Umberto Eco, Bruno Bettelheim, Peter Handke, perché erano nel libretto.

I Franti erano meglio di Google. I Franti ritagliavano, montavano la batteria, incollavano, riscrivevano, fotocopiavano, disegnavano, andavano alle manifestazioni, distribuivano, cantavano, facevano la prova dei suoni, suonavano, urlavano, ballavano, caricavano il furgone, disegnavano, sperimentavano con l’eco a nastro ed il flanger, leggevano, accordavano la chitarra, battevano a macchina, rispondevano alle lettere, occupavano, citavano, tutte cose che sembrano così lontane oggi.


Questo è un articolo che avevo scritto per questa rivista. Il direttore l'aveva giudicato troppo legato al mio "io adolescenziale" per pubblicarlo. Avevo appena compiuto 30 anni.


perjantaina, maaliskuuta 17, 2006

Cardigans @ Tavastia, ieri sera

Nina Persson si metteva i jeans negli stivali nel 1994, quando la maggior parte delle ragazze di milano andavano ancora in giro con le adidas stan smith.
Nina Persson ha impararo a cantare, la voce ha tenuto tutto il concerto, aveva, giustamente, i jeans infilati negli stivali.
Un gran bel concerto. La maggior parte dei pezzi viene dagli ultimi due dischi, quelli che nessuno ha comprato, ma che a me piacciono parecchio. Hanno preso il suono altcountry americano e l'hanno svedesizzato (l'hanno trasformato in qualcosa di totalmente stiloso).

Durante il concerto ho pensato a tre cose:
1. 'I need some fine wine' (riportato qui sotto) è forse il testo più utile mai stato scritto per capire le donne scandinave
2. Chissà se i famosi ragazzacci che picchiavano Jens Lekman da piccolo, oltre che ascoltare Il Mozzini, ascoltavano anche i Cardigans
3. Chissà se qualcuno dei Cardigans (magari il bassista) ha mai picchiato Jens Lekman

(Sit, good dog, stay, bad dog, down, roll over) Well, here's a good man and a pretty young girl Tryin' to play together somehow I'm wasting my life, you're changing the world, I get drunk and watch your head grow It's the good times that we shared And the bad times that we'll have It's the good times And the bad times that we had Well, it's been a long slow collision, I'm a pitbull, you're a dog, Baby you're foul in clear conditions But you're handsome in the fog So I need some fine wine And you, you need to be nicer For the good times And the bad times that we'll have Sometimes we talk over dinner like old friends 'Til I go and kill the bottle I go off over any old thing Break your heart and raise a glass or ten To the good times that we shared And the bad times that we'll have To the good times And the bad times that we've had Well, it's been a long slow collision, I'm a pitbull, you're a dog, Baby you're foul in clear conditions But you're handsome in the fog So I need some fine wine And you, you need to be nicer For the good times And the bad times we know will come, yeah I need some fine wine And you, you need to be nicer We need to be nicer You and me For the good times and the bad time that we had Good times, bad times Sweet wine, bad wine Good cop, bad cop, Lapdog, bad dog